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martedì 22 marzo 2011

Finalmente all'utente delle spedizioni postali è stato riconosciuto l'integrale risarcimento per i danni da inefficienza del servizio

Con la sentenza in discorso ancora una volta è dovuta intervenire la Corte Costituzionale per porre rimedio alle ingiustizie di fatto create dalle inefficienze del nostro legislatore. Finalmente, gli Uffici Postali devono risarcire l'intero danno subito dal cliente in caso di ritardo nel recapito di una spedizione effettuata con il servizio postale. La Corte costituzionale, infatti, con la sentenza 46/2011 dichiarato illegittimo l'articolo 6 del Dpr n. 156 del 1973 nella parte in cui il concessionario non incontra alcuna responsabilità per il ritardato recapito delle spedizioni. A sollecitare l'intervento dei giudici di Palazzo della Consulta è stato il tribunale di Napoli al quale si era rivolta una società che aveva spedito a mezzo postacelere la documentazione necessaria per partecipare a una gara per l'affidamento di un appalto. La spedizione, a causa di un errore del vettore, è stata effettuata a Reggio Calabria invece che a Reggio Emilia, con conseguente esclusione dalla gara dell'istante, essendo nel frattempo scaduto il termine di presentazione delle offerte. La S.p.A. Poste Italiane, riconosciuto l'errore, si è limitata a rimborsare all'utente il costo di spedizione, ma ora dovrà risarcire il danno effettivamente subito dalla società. I giudici della Corte costituzionale, infatti, nel "bocciare" la norma hanno affermato che "la previsione della mera corresponsione del costo per la spedizione determina, anche nel caso di servizio postacelere, una totale esclusione di responsabilità, non essendo in grado di assolvere a una funzione risarcitoria del danno arrecato all'utente, che utilizza il predetto servizio proprio in vista della celerità del medesimo".

martedì 1 marzo 2011

Bloccare un'auto con la propria vettura può configurare un'ipotesi di reato

Con questa sentenza la Suprema Corte di Cassazione pone un'altra pietra miliare verso un maggiore senso civico nei rapporti tra i cittadini.
Chi non vorrebbe vedere in carcere l'automobilista che blocca la nostra vettura per oltre un'ora, incurante di qualsiasi lamentela? A togliere questa soddisfazione a molti italiani è stata la Corte di cassazione, condannando a 30 giorni di reclusione per violenza privata la ricorrente che aveva lasciato la sua auto  all'interno del cortile dello stabile in cui abitava, messa in modo tale da bloccare l'uscita della macchina di un'altra condomina. La vittima del sopruso aveva suonato clacson e citofono della proprietaria della vettura parcheggiata male, fino ad accusare un malore che i giudici hanno collegato allo stress provocato dalla frustrazione di non potersi allontanare come avrebbe voluto.
La Cassazione bolla come inutile "l'encomiabile sforzo profuso dalla difesa" per dimostrare la buona fede della sua assistita che non era riuscita a spostare l'automezzo che era d'intralcio "malgrado le affannose ricerche per reperire le chiavi". Non piace agli ermellini neppure la giustificazione della mancata risposta della signora nel rispondere alle sollecitazioni della vicina. L'"inerzia" era dovuta - a suo dire - solo alla convinzione che il marito o il padre avessero provveduto a informare la diretta interessata dello smarrimento delle chiavi. Gli ermellini, anche loro particolarmente sensibili al tema, decidono per i 30 giorni di carcere più il risarcimento dei danni.